La segnalazione in CRIF, come “cattivo pagatore”, è una circostanza tanto nota quanto preoccupante, che interessa la stragrande maggioranza dei cittadini italiani.
Senza voler entrare nello specifico, in linea di massima, si rimane segnalati in Crif, per un tempo diverso, in base alla gravità dell’inadempimento o al tipo di finanziamento richiesto.
Tale segnalazione impedisce, di fatto, al cittadino inadempiente o presunto tale, nei confronti di Banche e Finanziare, di poter avere accesso al credito presso gli istituti.
Lo Studio Legale Grimaldi, nel corso degli anni, affrontava svariate volte la questione relativa al danno subito, per errata segnalazione in CRIF.
La fattispecie, definita con la recente sentenza del Tribunale di Napoli n. 5199/2020, oltre ad essere particolarmente spiacevole, è anche alquanto complessa.
I cittadini, difatti, possono essere vittima di segnalazione in CRIF, pur non avendo chiesto alcun finanziamento o prestito, per casi di omocodia o per vere e proprie truffe.
L’articolo 2050 c.c., espressamente, statuisce che “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.
La Suprema Corte, al riguardo, precisava che ” I danni cagionati per effetto del trattamento dei dati personali in base all’art. 15 del d.lgs. 30 giugno 2003, n.196, sono assoggettati alla disciplina di cui all’art. 2050 cod. civ., con la conseguenza che il danneggiato è tenuto solo a provare il danno e il nesso di causalità con l’attività di trattamento dei dati, mentre spetta al convenuto la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”. (Cassazione civile sez. VI 05 settembre 2014 n. 18812).
I danni, derivanti dall’errata segnalazione in CRIF, pertanto, possono derivare da un comportamento superficiale dell’azienda o dell’operatore, che prende in carico il trattamento dei nostri dati personali.
Il Tribunale di Napoli, con la citata sentenza, n. 5199/2020, accoglieva la domanda proposta per un nostro assistito, giocatore di basket, di serie A, condannando la società finanziaria, in solido con un’azienda di vendita al dettaglio, al risarcimento in favore dell’attore dei danni non patrimoniali.
La motivazione è più che condivisibile: “occorre poi osservare che, indubbiamente, la società addetta alla verifica della esattezza dei dati personali del soggetto finanziato non ha evidentemente assolto, adeguatamente, al proprio compito, pur nella rappresentata circostanza che essa XXXXX spa procede di norma in via prevalentemente telematica, quotidianamente, ad una innumerabile moltitudine di siffatti tipi di controlli: questa pur comprensibile circostanza però comunque legata alle ampie scelte di marketing aziendale non può in ogni caso costituire esimente dalla responsabilità negoziale qui riconnessa alla necessità di una idonea identificazione del contractor, identificazione che, si ripete, è risultata nella circostanza inefficiente, tant’è che il nominativo segnalato alla CRIF è stato proprio quello, illegittimamente annotato, di XXXXXXXX da XXXX (odierno attore). In particolare, per società professionalmente addetta alla identificazione dei contraenti (v. anche norme richiamate dai medesimi convenuti) ricorre un onere particolarmente rigoroso ai fini di siffatta individuazione nominativa, non risultando allo scopo sufficiente (anche per i suoi potenziali effetti perversi, nella specie poi verificatisi) l’utilizzo di mera carta d’identità apparentemente idonea, principio del resto già ripetutamente ribadito dalla Suprema Corte anche se per la diversa categoria professionale dei notai ma a ben vedere sulla scorta di un unico medesimo criterio di fondo, tendente appunto ad escludere la individuazione personale con la sola e semplice esibizione e lettura del documento d’identità (cfr., in parte motiva, Cass. 7746/20, secondo cui “…quando l’ordinamento impone a determinati soggetti, in ragione della attività (o funzione) esercitata e della specifica professionalità richiesta a tal fine dall’ordinamento stesso” (e tale è il caso, appunto, dell’attività notarile), “di tenere in determinate situazioni specifici comporta-menti, sorgono a carico di quei soggetti, in quelle situazioni previste dalla legge, obblighi (essenzialmente di protezione) nei confronti di tutti coloro che siano titolari degli interessi la cui tutela costituisce la ragione della prescrizione di quelle specifiche condotte” (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 11 luglio 2012, n. 11642)… Corte secondo cui “il notaio deve accertare l’identità personale delle parti ed è tenuto a raggiungere tale certezza anche al momento dell’attestazione, secondo regole di diligenza qualificata, prudenza e perizia professionale, rispetto alle quali l’esibizione di una carta d’identità o di altro documento equipollente può non risultare, da sola, sufficiente alla corretta identificazione della persona fisica” (così, in motivazione, da ulti-mo, Cass. Sez. 3, sent. 29 maggio 2018, n. 13362, Rv. 648795-01; in senso conforme, tra le più recen-ti, anche Cass. Sez. 3, sent. 12 maggio 2017, n. 11767, Rv. 644299-01), e ciò perchè ciascuno di tali documenti è “privo di efficacia certificatrice genera-le” (così Cass. Sez. 3, sent. n. 13362 del 2018, cit., nonchè già Cass. Sez. 1, sent. 17 maggio 1986, n. 3274, Rv. 446262-01)”). Ed infatti, il comma 2 dell’art. 6 del suindicato DM 142/06 prevede anche che, all’atto della identificazione personale, “I clienti forniscono tutte le informazioni necessarie per l’identificazione”: non risulta invece nella specie che, oltre alla carta d’identità, XXXXXXX da XXXXX abbia fornito altre informazioni, ad es., del tutto agevolmente, in ordine all’indicazione delle proprie paternità/maternità.”
Il Tribunale di Napoli, pertanto, ribadiva il principio secondo il quale le aziende, che prendono in carico i dati personali, devono assumersi la responsabilità della corretta identificazione del soggetto e ciò con particolare riguardo ad eventuali contratti di finanziamento.
Il Tribunale di Napoli, quindi, così decideva: “appare riconoscibile il danno non patrimoniale, in prospettiva equitativa, in ragione del lamentato pregiudizio attoreo alla reputazione personale ed economica, lesa -per noto ed apprezzato professionista di basket- in conseguenza della indebita iscrizione alla CRIF e del mancato finanziamento in concessionaria. La somma, in assenza di diversi parametri di calcolo, può equitativamente ragguagliarsi, all’attualità, in euro XXXXX,00, sì da quantificare e monetizzare, sufficientemente, il disdoro subito dall’istante. In particolare, la erronea segnalazione alla centrale/rischi, nel generare la mancata concessione del ripetuto finanziamento, produce la patita lesione non patrimoniale, consistita per un siffatto professionista sportivo in una censura di pubblica apprezzabilità della sua reputazione e della sua pretesa condizione di insolvenza, specie se rapportate, come nel caso in rassegna, alla entità del tutto modesta (di appena euro 540) del denunciato debito che XXXXXXXX non sarebbe stato in grado o non avrebbe voluto onorare, in precedenza, in favore all’istituto finanziatore”.